Prima che fosse identificata come un comportamento riprovevole da sancire a titolo di reato, l’usura è stata considerata come un grave peccato.
L’usuraio è un ladro di tempo: il tempo, si badi bene, è una risorsa che appartiene a Dio e non all’uomo. Dunque l’usuraio il furto lo commette ai danni di Dio.
Infatti l’usuraio non vende alcunchè: se egli presta una somma di danaro dovrebbe ottenere, allo stesso modo, la medesima quantità di monete che ha elargito: null’altro.
Egli invece pretende in restituzione, in ragione del tempo in forza del quale il denaro è stato trattenuto da chi poveramente l’ha richiesto, un compenso che non è scritto in nessuna legge naturale ed in quella delle Sacre Scritture.
L’usuraio ritiene che sia giustificato tal compenso, che egli definisce interesse, perché si è privato di una somma di danaro che ha dovuto prestare al misero richiedente: in forza del tempo, per il quale tal somma è stata trattenuta, che si quantifica l’utile dell’usuraio.
È stato infatti scritto, magnificamente, che l’usuraio è un peccatore. L’usura infatti è un furto.
L’usuraio commette un furto (furtum) o una usura (usuram) o una rapina (rapinam), perché egli prende un bene altrui (rem alienam) contro la volontà del proprietario (invito domino) cioè Dio.
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[fonte: avantionline.it]