Per quasi quattro anni – dal marzo 2006 al novembre 2009 – sono riusciti, fra mille sacrifici, a pagare le rate del mutuo trentennale (a tasso variabile) da 180mila euro, stipulato con la banca per l’acquisto della propria casa. Stiamo parlando di una famiglia reggiana con alcuni figli e che per quel periodo è riuscita a pagare rate che oscillavano fra gli 800 e 1.200 euro. Poi le cose precipitano – complice la crisi economica – il che purtroppo significa per i coniugi perdita del lavoro e problemi di ogni genere. La famiglia va in affanno e dalla fine del 2009 non riesce più a pagare le rate del mutuo. A quel punto l’istituto di credito fa scattare il pignoramento e la casa fortissimamente voluta dalla coppia finisce all’asta. Dopo tre aste andate deserte, la famiglia si rivolge all’associazione antiusura Deciba (Dipartimento di controllo degli illeciti bancari) che fa subito entrare in scena l’avvocatessa Rosa Chiericati. Non ci vorrà molto al legale, con l’ausilio dei periti della società Managementitalia, per capire come il tasso di mora (addebitato a chi contrae un mutuo e paga in ritardo la rata) pattuito in contratto al momento del rogito è superiore al tasso-soglia di usura. Ma non è l’unica sorpresa: ricontabilizzati i pagamenti effettuati sul solo capitale, data la gratuità del mutuo, i periti scoprono che non solo la banca non aveva diritto di mandare all’asta la casa, ma anche che i due coniugi avevano già pagato le rate fino al 2017.
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[fonte: gazzettinodireggio.it]